lunedì 30 maggio 2011

Renata Morresi - "Nel traffico"



C’è nell’incipit della prosa, poco più sotto, di Renata Morresi la denuncia - da subito - di una sua prossimità naturale, prodigiosa (“non è difficile”, dice) alla materia poetica intesa come avvicinamento costante alla realtà umana forte, ricca di umori, anche perdente, ma sempre avvertita in un movimento/momento“comune”: “Non è difficile per me ricostruire “Nel traffico”, com'è nata allora, come continua a tutt'oggi. La sua architettura fa parte della città […]”.
Nel 2010 esce per i tipi di PeQuod l’opera prima di Renata, “Cuore comune”, appunto. Un libro in movimento che si fonda e sprofonda in comunità di sensazioni e condivisi modi di occupare la vita o, come qui, non-occuparla veramente. Ridurre tutto il senso e il buon peso della poesia di Renata in poche righe è da sprovveduti. In effetti parla per (noi) tutti il suo plurale e il coraggio nel guardare “ciò che è”, non quello che crediamo sia. Il salto è minimo, a ben vedere, ma il risultato è uno smottamento fondamentale, potente, inaspettato.


ar




***



Nel traffico




What do we know? We're just drivers

Che ne sappiamo? Guidiamo solo, noi

L'autista


Anche noi abbiamo visto il quartiere
a modo nostro riunito
le auto per colore e una maglietta
con le righe, con uno sforzo enorme
per comprendere gli avverbi
richiesto ai presenti d'essere tutti
attenti abbastanza a non mischiare
le immondizie, osservato la distesa
di pavimenti e porte
la spaventosa fiducia riposta
nel film preferito, nel giudizio
razionale, nella reazione a pelle,
la nostra intelligenza ornamentale.


Guidando attorno al blocco
su una giostra super-grande
scordando dove andiamo al non-lavoro
girandoci distratti da un pino
e da un tiglio o da un tiglio
e da un pino e gli altri vecchi
cittadini, continuatori del continuo
ed invidiati a vuoto, galleggiamo
sul cervello aggrappati alle scritte
sul muro come “sn morta”
o “tu sei il mio placebo”.


Vediamo il cantiere potenziale
ormai abraso, quasi sacro
messi in salvo da miracoli sfuggenti
le voci non previste dei passanti
che si cercano più umane: “siamo tutti
mezzi mezzi”, dalla solita canzone
che ci faccia dire ah, che ci faccia dire eh,
passare quasi candidi o schiantare
come gatti, rimasti a lingue secche
con le orbite sfondate per volere
più visione. Pensiamo come pazzi
e più generalmente ci perdiamo
senza uscire dal Comune
dal traffico o da questa
incorruttibile corruzione.


(da "Cuore comune", PeQuod 2010)


Non è difficile per me ricostruire “Nel traffico”, com'è nata allora, come continua a tutt'oggi. La sua architettura fa parte della città della spossatezza che mi è dato frequentare da quasi inoccupata, o precariamente occupata, o lavoratrice occasionale che dir si voglia.
Tornare a casa dopo aver accompagnato il bambino a scuola: tornare a cosa? Ci si perde facilmente, continuando a pensare in auto, continuando a girare a vuoto. L'unica concentrazione necessaria rimane l'attenzione diffusa, opaca, alla guida. Per il resto la mente galleggia, stranamente intima alle cose viste, alle cose provate. I materiali di costruzione di questo testo vengono quindi dalla gestione quotidiana del flusso di direzioni, indicazioni, superfici, facciate, stabili, portoni, cassonetti, cartelli, rotonde, bordure di siepi, viali alberati, scritte sui muri, tutti i posti che non abitiamo ma che ci afferiscono (che forse siamo).
Molte suggestioni anche dai poeti, naturalmente. Dizionario di quest'uomo – Dictionnaire de cet homme di Stéphane Bouquet, poeta (e danzatore) francese edito dalla Camera verde, ha ispirato la felicità per certe geometrie emotive (il “super grande”, “il non-lavoro”). Andrea Inglese (che – non incidentalmente, presumo – è il traduttore di Bouquet), più corposamente, ha offerto l'idea di distrazione: il processo di scivolamento in uno stato non funzionale, non produttivo, non previsto, svagato, incurante, e proprio per questo poroso. Attento ad altro. Non controllabile. Diciamo “poetico”.
Certo, non è mancata la tensione con un verso di Giovanna Sicari che mi ha sempre molto colpito: “Gesù, proteggimi dalla distrazione”. D'altronde il flâneur per definizione è maschio. Ed è la femmina che ha bisogno di 'stare attenta', specialmente in città, specialmente a rimanere in possesso di sé, a non dissolversi negli altri, nella cura degli altri, a rimanere lucida. A me capita questo, capita anche il contrario. Come dice un amico poeta, Danilo Mandolini, la soglia della deiezione e quella dell'infatuazione è la stessa. Solo un passo tra l'autocommiserazione e l'euforia. In mezzo sta non sapere niente di sé (immensamente). Non sapersene che fare di tanta “intelligenza ornamentale”.
L'altro poeta a cui devo qualcosa (molto, in realtà) è Adelelmo Ruggieri, che allora stava scrivendo un libro che ora non esiste più (o meglio, esiste in una forma molto diversa, col titolo Semprevivi). Da lui ho praticamente plagiato (inconsapevolmente) un verso, “che ci faccia dire ah...”, in cui porto in giro tutta la nostra smania poetante, tutte le nostre teorie di intellettuali originali e succubi, la nostra frenesia di sviscerare, di sentire di più, capire di più, che ci fa “schiantare”. Non sfugga però che una volta squagliato tutto (la polis, l'umano, il senso), rimane questa la cosa in comune.


Renata Morresi



Renata Morresi (Recanati, 1972) traduce e fa ricerca, si occupa di critica culturale e poesia. Ama sia gli esperimenti che certa elegia, il risultato lo chiama "lirismo astratto". Cuore comune, da poco uscito per Pequod, è la sua prima raccolta organica di poesie. Attualmente lavora come contrattista di Letteratura Americana presso l'Università di Padova. Sue poesie sono incluse in varie antologie e riviste, cartacee e on-line, tra cui Registro di poesia #4, di prossima pubblicazione per i tipi di d'if, Calpestare l'oblio, a cura di Davide Nota e Fabio Orecchini, La Gru, 2010, bina (31 agosto 2009), a cura di Marco Giovenale, Registro di poesia #2, a cura di Gabriele Frasca, d'if, Napoli, 2009, L'opera continua, a cura di Giampaolo Vincenzi, Perrone, Roma, 2005, Nodo sottile 4, a cura di Vittorio Biagini e Andrea Sirotti, Crocetti, Milano, 2004. È redattrice dei blog letterari La poesia e lo spirito, Absoluteville e Punto Critico. Dal 2001 collabora a realizzare la rassegna di poesia “Licenze Poetiche”, insieme all'omonima associazione culturale. Vive a Macerata con suo figlio.